![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSoambYL7XT1g44TkKWL_5crG8Y8gglSkGw-tZvbdFUMNs4mD7opsXtkD9R4dyjufY61D5cshQ1DCVg-RKUa4o5SXYEGm75QodWUZNfqILesqCBzmP8BKelT5hnRYSfhC597_CTVEwoyGm/w562-h247/smart-manufacturing.jpg)
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTMA5Zs2cYnyBFjLCKbh9TpYEtaUSgcNSPBMrZzjf6bq4ip_9KFz1rJbJeSqUCx3zVml9Xpj9AJ0ttauL_DWYQgCn3Q8dJPU2460-UUk-99oiFRjd_7iuxH7ZH-5-hjHEl669Fj-g1fkt3asc1vqeOkAMp3eEFHxQiLDAyZszlMSxPNynSQbCjhFHhRg/w410-h319/Modello-Sostac.jpg)
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSjrdfKBBQLZBf7oLCn-Fz1hynrDwxJTG0pqEhH0kDpN-2826p0gLhRNu46zqpwKD9PnhoDaeScFo9QFPHSiakS9WcVeCsAkXG8NM9GOLBoRMRL75-LBwAQekfSi0x2I733ZPM8CPMCOST/w409-h213/Robot.jpg)
Le strategie digitali riducono i costi (4% annuo) aumentano l’efficienza (4% annuo) ed i ricavi (3% all’anno)
Nei prossimi cinque anni le aziende che adotteranno strategie digitali raddoppieranno (dal 33% al 72%) con un impatto positivo sia sulla riduzione dei costi (con una media annua pari al 3,6% e l’aumento dell’efficienza 4,1% annuo) sia sull’aumento dei ricavi in una misura vicina al 2,9% all’anno per ciascuno di questi due fattori. Nel corso dei prossimi anni, si vedrà quindi un aumento della produttività in tutti i settori. La produttività legata a miglioramenti sui costi di conversione (escludendo il costo dei materiali) varierà da 15% a 25%, includendo invece i costi dei materiali, gli aumenti di produttività varieranno dal 5% al 8% includendo i costi dei materiali. Questi valori varieranno a seconda del settore industriale di riferimento, ad esempio l’aumento nelle aziende automobilistiche è atteso dal 10% al 20%. E l’occupazione? Sarà un’opportunità per non dover più svolgere lavori pesanti, usuranti e faticosi, ma non vi è dubbio che ci sarà un calo occupazionale di lavoro manuale, soprattutto in operazioni come il montaggio e l’imballaggio. Sarà compensato da nuovi posti di lavoro più qualificati e più remunerati? È difficile dirlo molto dipenderà dalla rapidità con la quale i lavoratori sapranno acquisire le nuove skills richieste per lavorare in fabbrica, saper gestire i big data, analisi complesse e comandare tecnologie sempre più sofisticate.
LE PICCOLE FABBRICHE DEL FUTURO
https://youtu.be/X9YA8UPGWwA
Si chiamano Fab Lab (Fabrication Laboratory) e sono delle vere e proprie officine per la fabbricazione di oggetti dal virtuale al reale. Sono dei laboratori al cui interno è possibile trovare diverse tecnologie per realizzare oggetti personalizzati. Insomma, se avete progettato un oggetto, vi basta portare una chiavetta USB con il file da trasformare in manufatto con una delle stampanti 3D a disposizione.
Dotati di strumenti e macchinari flessibili, generalmente controllati da computer, i Fab Lab possono lavorare su diverse scale di grandezza e differenti materiali e possono produrre anche oggetti tecnologici, generalmente concepiti come prerogativa della produzione di massa. In un paese dove le piccole e medie imprese non investono in ricerca e sviluppo per mancanza di fondi e ogni giorno non si fa altro che parlare della crisi del settore manifatturiero, i Fab Lab sono centri dove fare sperimentazione e realizzare prototipi a basso costo.
Un’economia a chilometri zero, perché i centri di stampa stanno piano piano aprendo in tutte le grandi città: l’ultimo esempio, appena nato, è il 3DiTALY a Roma, una sorta di copisteria in cui invece di fare le fotocopie si possono stampare oggetti in 3 dimensioni. L'obiettivo finale è riportare l'industria manifatturiera in casa. In Italia ce ne sono già diverse centinaia di Fab Lab, e la mappa si allarga a macchia d’olio.
L’idea, tanto per cambiare, è americana.
Il primo a porre le basi di questa attività è stato nel 2003 il MediaLab del Massachussets Institute of Technology (il mitico MIT). “Solo” 8 anni dopo, nel marzo del 2011 viene aperto un laboratorio provvisorio a Torino in una delle mostre celebrative dei 150 anni dell'unità d'Italia, Stazione Futuro, e questa installazione con una piccola stampante 3D e una tagliatrice laser, diventa meta di un pellegrinaggio quotidiano di curiosi. Ma già nel febbraio del 2012 sempre a Torino apre il primo Fab Lab, si chiama Officine Arduino, un omaggio al mini computer da venti euro inventato a Ivrea da Massimo Banzi, insieme a quattro amici al Bar Arduino.
Ma in cosa consiste l’attività dei fabbers?
Lo strumento principale utilizzato nei Fab Lab sono le stampanti 3D. Con l’utilizzo di un programma CAD si esportano i file dei progetti nel formato standard per la stampa 3D e sarà poi la stampante e il suo software a fare tutto il lavoro: l’oggetto progettato verrà sezionato in tanti strati che saranno stampati in sequenza, uno sopra all’altro. I primi materiali a disposizione sono stati il metallo, la plastica e la ceramica. Il costo di una stampante 3D è abbordabile, meno di mille euro. Già con 200 euro si compra una entry level.
Con le stampanti 3D è possibile realizzare praticamente qualsiasi cosa: semplici oggetti di uso quotidiano, ma anche tessuti del corpo umano (stampanti per uso medico usando colture di cellule stamonali), cemento per le costruzioni, seta per l’abbigliamento.
In dotazione i fabbers hanno anche una macchina a taglio laser ed una fresa a controllo numerico. Si tratta di macchinari complicati, ma semplici da utilizzare. Chiunque può imparare, da autodidatta, ma anche grazie ai corsi organizzati negli stessi laboratori.
In Italia, finalmente, vengono promosse iniziative per sostenere questo movimento di artigianato manifatturiero digitale, a metà strada tra la bottega rinascimentale 2.0 e lo spazio open source dove condividere le conoscenze e fare rete tra professionisti, dove un designer può modificare un progetto o un modello di un oggetto ideato da altri e da lì partire per realizzare altri oggetti.
In Italia, ad esempio, su Facebook, opera il gruppo Fabber in Italia, che raccoglie idee, testimonianze, suggerimenti di moltissimi makers italiani e non solo. Ospita discussioni sui temi della produzione p2p (peer to peer) alternativa, il DIY (con etica DIY acronimo di Do It Yourself, equivalente dell'italiano fai da te, ci si riferisce ad un'etica anticonsumista dell'autosufficienza), la Maker culture, il Fabbing, gli Hackerspace, i Fablabs, l'open HW (organizzazioni in cui i progettisti di hardware e software collaborano allo sviluppo di core open source, proprietà intellettuale, strumenti e software correlati), l'open Wear (utilizzo libero dei prodotti) e molto altro.
Dal personal computer al personal fabricator
Cos’è un personal fabricator? Un complesso di macchine, con cui fabbricare praticamente ogni cosa. Un'idea partorita 25 anni fa da Neil Gershenfeld, direttore del Center for Bits and Atoms del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e descritta in Fab. Dal personal computer al personal fabricator.
Il personal fabricator è una specie di «replicatore», lo strumento con cui l'equipaggio di Star Trek assemblava qualsiasi cosa a partire dalle particelle subatomiche presenti nello spazio siderale. Gershenfeld ha concepito un sistema di macchine - laser per tagliare la plastica anche in tre dimensioni, fresatrici elettroniche ad alta precisione, coltelli elettronici - e computer capace di trasformare un'elaborazione digitale tridimensionale in un oggetto reale.
Scrive l'autore: «Il digital divide in realtà non è l'unico baratro: tra noi e i paesi poveri c'è anche un abisso strumentale e industriale». E l'abisso sarà colmato anche grazie all'invenzione dello scienziato americano, almeno questa è l'intenzione.
Le storie raccontate nel libro rendono bene l'universalità dell'idea: dai primi studenti del corso How to Make (Almost) Anything, traducibile in «Come fare (quasi) qualsiasi cosa», inaugurato nel 1998 da Gershenfeld al MIT, ai pionieri del personal fabricator. Per poi passare alla nascita dei primi centri di fabbricazione personalizzata sparsi per il mondo, con un occhio al futuro.
L'obiettivo ultimo di Gershenfeld è togliere quel «quasi» tra parentesi dal nome del corso, e farlo diventare How to Make Anything. E magari in futuro aggiungere il verbo unmake (disfare) per arrivare a How to Make (and Unmake) Anything, ovvero a un fabbricatore capace di fare e disfare tutto. Se non è Star Trek, poco ci manca.
Perchè dobbiamo creare tanti fab lab?
Un fab lab (dall'inglese fabrication laboratory) è una piccola officina che offre servizi personalizzati di fabbricazione digitale. La parola Fabbricazione digitale (o Digital Fabrication, o fabbing) fa riferimento al processo attraverso cui è possibile creare oggetti solidi e tridimensionali partendo da disegni digitali. Questo processo, utilizzato ampiamente in manifattura per la creazione rapida di modelli e prototipi, può sfruttare diverse tecniche di fabbricazione sia additive (come la stampa 3D), sia sottrattive come il taglio laser e la fresatura. In generale, le macchine utilizzate per la fabbricazione digitale si caratterizzano per la facilità di utilizzo ed il costo relativamente contenuto; questi elementi, insieme alla diffusione di software per la progettazione e modellazione di semplice utilizzo, hanno portato diversi osservatori italiani e internazionali a prevedere la diffusione della fabbricazione digitale anche verso un'utenza non professionale. Questo fenomeno, definito "Personal Fabrication", è alimentato anche dalla nascita di comunità in cui i disegni digitali vengono condivisi e messi a disposizione gratuitamente dagli utenti, nonché da servizi che consentono di accedere ad alcune tecnologie di Digital Fabrication direttamente online o ancora da comunità che interscambiano esperienze nella creazione di prototipi o manufatti digitali. Un fab lab è generalmente dotato di una serie di strumenti computerizzati in grado di realizzare, in maniera flessibile e semi-automatica, un'ampia gamma di oggetti. Tra questi vi sono prodotti tecnologici generalmente considerati di appannaggio esclusivo della produzione di massa. Mentre non possono competere con la produzione di massa, e le relative economie di scala, nella produzione di beni di consumo, i fab lab hanno dimostrato grandi potenzialità nel fornire ai loro utenti gli strumenti per realizzare in proprio dispositivi tecnologici. Tali dispositivi possono infatti essere adattati alle esigenze locali o personali in modi tuttora non accessibili alle produzioni su larga scala.
Macchinari e utensili
Solitamente, all'interno di un fab lab si trovano una serie di strumenti per la fabbricazione digitale:
Stampanti 3D
Frese a controllo numerico
Laser cutter
Macchine per il taglio vinilico
Postazione di saldatura e lavorazione elettroniche
Strumenti e metodi per la prototipazione rapida
Produzione additiva
La prototipazione rapida è diventata ormai sinonimo di produzione additiva e stampa 3D. Esistono diversi tipi di processi di stampa 3D e quelli più comunemente usati per la prototipazione rapida sono la modellazione a deposizione fusa (FDM), la stereolitografia (SLA) e la sinterizzazione laser selettiva (SLS).
Modellazione a deposizione fusa (FDM)
La stampa 3D FDM, nota anche come fabbricazione a fusione di filamento (FFF), è un metodo di stampa 3D che crea parti fondendo ed estrudendo un filamento termoplastico, che viene poi depositato sull’area di stampa dall’ugello della stampante, strato per strato. La modellazione a deposizione fusa è la forma di stampa 3D più diffusa tra i consumatori, soprattutto grazie a un numero crescente di hobbisti. La modellazione a deposizione fusa utilizza una varietà di termoplastiche standard, come ABS, PLA e le loro miscele, ma le stampanti FDM più avanzate offrono anche una vasta gamma di termoplastiche ingegneristiche e composti. Nella prototipazione rapida, le stampanti FDM sono particolarmente utili per la produzione di parti semplici, come quelle che verrebbero normalmente create tramite lavorazione meccanica.
Nella Modellazione a deposizione fusa un filamento a) di materiale plastico è spinto verso una testina mobile riscaldata b) che fonde ed estrude il filamento depositandolo, strato dopo strato, nella forma desiderata c). Una piattaforma mobile e) si sposta dopo che ogni strato è stato depositato. Per questo tipo di tecnologia di stampa è necessario aggiungere al modello delle strutture temporanee di sostegno verticali d) per sorreggere le parti sporgenti.
Stereolitografia (SLA)
Le stampanti SLA utilizzano un laser per polimerizzare la resina liquida, trasformandola in plastica indurita: questo processo viene chiamato fotopolimerizzazione. La stereolitografia è uno dei processi più apprezzati dai professionisti grazie all'alta risoluzione, alla precisione e alla versatilità dei materiali. Il vantaggio principale della SLA rimane comunque la versatilità del suo catalogo di resine. I produttori di materiali hanno creato innovative formulazioni di resina fotopolimerica per la stereolitografia, con una vasta gamma di proprietà ottiche, meccaniche e termiche in grado di imitare quelle delle termoplastiche industriali, standard e ingegneristiche.
SLA (StereoLithographic Apparatus)
1) Sviluppo del modello con CAD
2) Elaborazione CAM per tradurre il modello in slice (fette)
3) Liquido che polimerizza (passa allo stato solido) in presenza di luce laser
4) Meccanica che, guidata dal computer, abbassa la tavola di appoggio (tray) e quindi il prototipo in costruzione realizzando in successione gli slice ("le fette") superiori
5) Il generatore di luce laser che viene guidato dal computer per generare, per polimerizzazione (rendere solido il liquido), il prototipo strato dopo strato
Sinterizzazione laser selettiva (SLS)
La sinterizzazione laser selettiva (SLS) è la tecnologia di produzione additiva più comune per le applicazioni industriali, e ingegneri e produttori di diversi settori vi si affidano perché permette di realizzare parti robuste e funzionali. Le stampanti 3D SLS utilizzano un laser ad alta potenza per fondere piccole particelle di polvere di polimeri. La polvere non fusa sostiene le parti durante il processo di stampa ed elimina la necessità di strutture di supporto dedicate. Ciò rende la sinterizzazione laser selettiva ideale per geometrie complesse che includono dettagli interni, sottosquadri, pareti sottili e dettagli in negativo. Le parti stampate con la sinterizzazione laser selettiva hanno caratteristiche meccaniche eccellenti, con una resistenza simile a quella delle parti create mediante iniezione. La stampa 3D SLS è in grado di produrre prototipi funzionali e ingegneristici solidi per condurre rigorosi test funzionali sul prodotto.
Come funziona la stampa 3D SLS
La stampa SLS usa un laser ad alta potenza per sinterizzare piccole particelle di polvere di polimero e trasformarle in una struttura solida basata su un modello 3D.
Stampa: un sottile strato di polvere viene depositato sulla piattaforma all’interno della camera di stampa. La stampante riscalda preventivamente la polvere fino al raggiungimento di una temperatura di poco inferiore al punto di fusione del materiale grezzo. In questo modo, il laser può facilmente aumentare la temperatura di aree specifiche del letto di polvere, mentre traccia il modello per realizzare una parte solida. Il laser scansiona una sezione incrociata del modello 3D, riscaldando la polvere appena al di sotto o giusto al punto di fusione del materiale. Ciò consente di fondere assieme le particelle in maniera meccanica, così da creare parti solide. La polvere non fusa sostiene le parti durante la stampa ed elimina la necessità di strutture di supporto apposite. La piattaforma si abbassa di un livello all'interno della camera di stampa, di solito intorno ai 50-200 micron, e il processo si ripete per ogni strato, fino al completamento delle parti.
Raffreddamento: al completamento della stampa, la camera di stampa deve raffreddarsi leggermente all’interno dell’alloggiamento di stampa e successivamente al di fuori della stampante per garantire proprietà meccaniche ottimali ed evitare la deformazione delle parti.
Post-elaborazione: le parti completate devono essere rimosse dalla camera di stampa, separate e pulite dalla polvere in eccesso. La polvere può essere riciclata e le parti stampate possono essere sottoposte a post-elaborazione ulteriore mediante sabbiatura o lucidatura.
Produzione sottrattiva
Plotter
In informatica il plotter dal verbo inglese to plot nel senso di tracciare è una periferica specializzata nella stampa di supporti di grande formato. È il dispositivo di output ideale per i sistemi CAD, dove è impiegato per la stampa a getto d'inchiostro di prospetti e progetti architettonici, fisici, chimici, elettrotecnici, elettronici, meccanici, elettrici, mappe topografiche, curve geometriche, ecc. Oggi viene anche utilizzato nell'ambito della grafica e della pubblicità grazie alle moderne tecnologie che consentono al plotter di stampare a colori e addirittura di ritagliare (plotter da taglio).
Plotter da stampa a getto d'inchiostro
Esistono plotter che utilizzano la tecnologia a getto d'inchiostro unita a una funzione di taglio (chiamata anche sagomatura o scontorno) che stampano, oltre che sui comuni materiali come banner, carta e tele artistiche, anche e principalmente su vinili adesivi. La stampa, una volta eseguita, può essere sagomata nella forma voluta dall'operatore per creare adesivi di varia forma, anche a pezzo unico.
Plotter da taglio
Plotter da taglio / Taglio automatico a lama tangenziale
Alcuni plotter, in cui il pennino o la testina di stampa sono rimpiazzati da una lama pivotante, vengono impiegati per intagliare disegni, scritte e forme su vinile adesivo, solitamente colorato. Possono sagomare anche materiali rifrangenti o termotrasferibili, che vengono successivamente trasferiti su maglie e cappelli. Si parla in questo caso di plotter da taglio vinile.
Plotter da incisione
Le periferiche da incisione, pur basandosi sullo stesso sistema di funzionamento di un plotter, invece della stampa eseguono un'incisione sul materiale, per realizzare targhe, indicatori o cartelli per la comunicazione. In questo caso però parliamo più precisamente di incisori o pantografi computerizzati. I materiali da incidere sono molti ma i più utilizzati sono la plastica, la resina, l'alluminio e l'ottone. Vi sono poi tanti utensili con le forme più diverse, interscambiabili tra di loro a seconda dell'incisione che si vuole realizzare. Vi sono anche incisori in grado di effettuare l'incisione con un raggio laser.
Una scuola per i faber la Fab Academy
La Fab Academy sfrutta la rete dei Fablab per insegnare abilità basate sulla pratica e la fabbricazione digitale. Gli studenti si riuniscono al Fablab "Supernodes" per il corso di 19 settimane per conseguire un diploma e costruire un portfolio. In alcuni casi, il diploma è accreditato o vi è la possibilità di avere crediti accademici. Il curriculum si basa sul corso di prototipazione rapida del MIT MAS 863: "How to Make (Almost) Anything". Il corso offre l’opportunità di borse di studio disponibili.
Una rete di innovazione territoriale le Fab City
Le Fab City sono state concepite per ricercare modi innovativi di creare le città del futuro. Lo scopo è quello di trasformare le città in centri di produzione locale, innovazione sostenibile e di connessione globale. Questa trasformazione dovrebbe portare a un passaggio da una città di importazione/esportazione di prodotti a una città di importazione/esportazione di dati. Tutto ciò dovrebbe portare la conversione delle città in entità autosufficienti nel 2054; in linea con l'impegno assunto nella Carta di Barcellona. La città Fab si collega e si fonda sullo stesso capitale umano del movimento dei faber.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivKFWSM0bOAYqw0VvxSab8UqJyZuSeLnI30MvGrNyVWEYJPXLcbCSXqahDqOJdv3dgCdyUmud56P-4hr7Z7pXC46FoKKCrSl84eg_RPq_Z-yY6BHA6aYo5wz7RnElzcVpTT07uQKVJnFoQNnmaatJ-n5oFQd-93-_-P7BuMbAj0P-cu2PXn-t4cYzL6ab1/w560-h296/Nausicaa-projection-immersive-Videlio-4-1.jpg)
https://youtu.be/rfq3aCInelU
Nessun commento:
Posta un commento