mercoledì 15 maggio 2024

DALLA PARTE DEL GUSTO: 4 CONTORNI (2^ Edizione)

4 CONTORNI (2^ Edizione)


In queste 136 pagine ho raccolto oltre 90 ricette di contorni pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). 
Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Contorni è una parola ingiusta, riduttiva, come se si trattasse di una ricetta secondaria che trova la sua giustificazione nell'essere abbinata a qualcosa di più importante. Invece, specialmente oggi che optiamo per una cucina più leggera, i contorni assurgono alla dignità di piatti a tutto tondo. Gustateli anche da soli, alla stregua di piatti unici, per uno spuntino sfizioso. Provate a cucinarli. A migliorali. Se ci riuscite fatemelo sapere. La cucina è un'arte che si pratica anche condividendola.

Corso di economia internazionale: Lezione 5 Pro e contro la globalizzazione

 https://youtu.be/pZXa1urGHiY

Corso di economia europea: Lezione 2 L'EUROPA DEGLI INDIPENDENTISTI

https://youtu.be/Pb5Xp41493M

 

La UE che sogno: una confederazione di raggruppamenti macro-regionali autonomi
L'UE, per diventare una potenza planetaria, andrebbe riorganizzata come una confederazione di raggruppamenti macro-regionali autonomi. Questo fornirebbe il viatico per la concretizzazione delle spinte autonomiste. L'UE diventerebbe una potenza nucleare con un unico governo centrale ed un solo presidente. Sarebbe formata da circa una cinquantina di raggruppamenti omogenei. Vedi ad esempio la situazione italiana: un nord ed un sud diversissimi e non omogeneizzabili, lascerebbero il posto a più macro-regioni con peculiarità specifiche.







https://youtu.be/Pb5Xp41493M

 

La UE che sogno: una confederazione di raggruppamenti macro-regionali autonomi
L'UE, per diventare una potenza planetaria, andrebbe riorganizzata come una confederazione di raggruppamenti macro-regionali autonomi. Questo fornirebbe il viatico per la concretizzazione delle spinte autonomiste. L'UE diventerebbe una potenza nucleare con un unico governo centrale ed un solo presidente. Sarebbe formata da circa una cinquantina di raggruppamenti omogenei. Vedi ad esempio la situazione italiana: un nord ed un sud diversissimi e non omogeneizzabili, lascerebbero il posto a più macro-regioni con peculiarità specifiche.







Corso di politica dell'innovazione: Lezione 2 Industry 4.0


https://youtu.be/LAsgG1v3W7M 

Sistemi ciberfisici (CPS)

La chiave di volta dell’industry 4.0 sono i sistemi ciberfisici (CPS) ovvero sistemi fisici che sono strettamente connessi con i sistemi informatici e che possono interagire e collaborare con altri sistemi CPS.
Un sistema ciberfisico o ciber-fisico (CPS, dall'inglese cyber-physical system) è un sistema informatico in grado di interagire in modo continuo con il sistema fisico in cui opera. Il sistema è composto da elementi fisici dotati ciascuno di capacità computazionale e riunisce strettamente le cosiddette "tre C": capacità computazionale, comunicazione e capacità di controllo.
Le strutture artificiali di calcolo e comunicazione, rappresentate dal prefisso "ciber", formano un sistema distribuito che interagisce direttamente e dinamicamente con il mondo reale che le circonda. Alla base del sistema, il singolo elemento è il dispositivo embedded.
Tra le possibili applicazioni: smart grid, controllo intelligente del traffico, domotica, robot cooperanti, telecomunicazioni, automobilismo, avionica, fabbriche intelligenti (dette Industry 4.0).
In elettronica, dispositivo embedded è detto di un sistema nel quale gli apparati hardware e software sono progettati per una sola specifica applicazione e presentano, quindi, dimensioni e consumi ridotti. "i telefoni cellulari sono sistemi e."
Esempi di sistemi embedded
• Personal computer dedicati all'automazione industriale e il controllo di processo.
• Sistemi elettronici per avionica
• Sportelli Bancomat e apparecchi POS.
• Elettronica aeronautica, come sistemi di guida inerziale, hardware/software di controllo per il volo e altri sistemi integrati nei velivoli e nei missili.
• Telefoni cellulari.
• Centralini telefonici.
• Apparecchiature per reti informatiche come router, timeserver e firewall, switch.
• Stampanti e Fotocopiatrici.
• Sistemi di stoccaggio di dati come hard disk, floppy disk o compact disc.
• Sistemi di automazione casalinghi come termostati, condizionatori e altri sistemi di monitoraggio della sicurezza.
• Distributori automatici di bevande e cibo, di carburante, di biglietti, ecc.; stazioni automatizzate di riscossione dei pedaggi autostradali o dei parcheggi, ecc. ; in generale distributori o di vari prodotti o servizi.
• Elettrodomestici come forni a microonde, lavatrici, apparecchi televisivi, lettori o scrittori di DVD, impianti Hi-fi o home video ma anche un banale spazzolino elettrico o un rasoio elettrico di alta fascia.
• Apparecchiature biomedicali come ecografi, scanner medici per risonanza magnetica.
• Equipaggiamenti medici.
• Strumenti di misura come oscilloscopi digitali, analizzatore logico, e analizzatore di spettro.
• I PLC (Programmable Logic Controller) utilizzati per l'automazione industriale.
• Console per videogiochi fisse e portatili.
• Centraline di controllo incorporate nei veicoli per la gestione elettronica di vari impianti e servizi.
• Strumenti musicali digitali quali tastiere workstation, mixer digitali o processori audio.
• Decoder per TV digitale.
• Sistemi per la domotica.
• Attrezzature e utensili (sia casalinghi che professionali): dal trapano elettrico ad una friggitrice, dalla lavatrice al una livella multifunzione laser, ma l'elenco sarebbe assai lungo.
In pratica la diffusione di questi sistemi è capillare nella società e tutti i dispositivi elettronici non general purpose, ovvero i computer riprogrammabili propriamente detti, possono essere definiti sistemi embedded evidenziando così la loro notevole importanza. Il fatto che il sistema embedded sia incorporato e dunque non visibile agli occhi dell'utilizzatore induce il senso comune a pensare ad una prevalenza dei computer general purpose quando in realtà la situazione è diametralmente opposta. Anche perché per la stragrande maggioranza delle persone risulta difficile pensare che questi prodotti/sistemi contengano dei "computer" a tutti gli effetti.

 


IoT, acronimo dell'inglese Internet of things, è un neologismo riferito all'estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti. L'Internet delle cose è un’evoluzione dell'uso della Rete: gli oggetti (le "cose") si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su se stessi e ricevere informazioni da parte di altri. Le sveglie suonano prima in caso di traffico, le scarpe da ginnastica trasmettono tempi, velocità e distanza per gareggiare, i vasetti delle medicine avvisano se ci si dimentica di prendere il farmaco. Tutti gli oggetti possono acquisire un ruolo attivo grazie al collegamento alla Rete.
Gli oggetti e i luoghi muniti di Etichette, Identificazione a radio frequenza (Rfid) o Codici QR comunicano informazioni in rete o ai telefoni cellulari.
I campi di applicabilità sono molteplici: dalle applicazioni industriali (processi produttivi), alla logistica e all'infomobilità, fino all'efficienza energetica, all'assistenza remota e alla tutela ambientale.

La fine del “faccio tutto io” e “so tutto io”

Perché la industria 4.0 divenga realtà deve evolversi un intero ecosistema. La prima sfida è la creazione del sistema. Ecosistemi giganti, digitalmente parlando, che ospiteranno ogni utente che voglia “fondersi/integrarsi” con esse. Creare delle piattaforme che possano permettere ad ogni singolo utente (industria/compagnia) di fare plug & play (concetto mutuato dal settore gaming, in pratica inserisci la spina e gioca). La creazione di questi ecosistemi implica un’intera realtà (quelli che sono i vecchi distretti industriali, per esempio) che possa entrare in simultanea nello stesso ambiente. La sfida?

E qui si pone un potenziale scoglio legato all’italianità.
L’individualismo che connota le aziende italiane, ancor di più le Pmi, è elemento manifesto nel tessuto industriale italiano. Conoscendo quanto è forte la mentalità italiana del “faccio tutto io” oppure del “so tutto io”, che pervade ampiamente le Pmi della penisola, viene difficile pensare che tutte queste realtà siano pronte a “entrare” in un sistema di totale condivisione.
Specialmente con la crisi attuale (ritardo dei pagamenti, tentativi di acquisizione di fonti di prodotto scavalcando l’intermediario/fornitore, acquisizione coatta di clienti tramite acquisto dei commerciali etc.) è veramente difficile pensare che un imprenditore sia disposto a cedere, per quanta teorica sicurezza dei dati si garantisca, tutte le sue informazioni sensibili ad un ecosistema.
B) Aumento dell’interazione tra cliente/consumatore e produttore (sia B2b sia B2c).
Chiunque decida (come cliente B2b o consumatore finale) di comprare prodotti o servizi industry 4.0 sarà nel sistema, che saprà tutto quello che il cliente vuole in tempo reale. Una cosa simile in piccola scala già succede con le piattaforme social: come credete che Facebook sappia che pubblicità mettervi sotto il naso (in gergo retargeting)?
Facebook prossimamente lancerà una banca perché possiederà abbastanza dati per decidere se dare prestiti o meno. Che tipo di banca saranno Facebook, ma anche Amazon, Apple etc. Integrate questa visione e capirete cosa significhi per le aziende: un fattore di previsione di trend, interessi, manutenzione mai eguagliati nella storia dell’uomo. Per le aziende clienti (se B2b) o consumatori, una totale apertura verso l’esterno.
C) Efficientamento energetico
Con una minor entropia (causata da operai e personale umano) ogni impianto aumenterà la precisione nella distribuzione e utilizzo delle risorse energetiche. Ergo una decrescita della domanda di energia e una perfetta prevedibilità (ergo un impatto positivo per l’ambiente).
D) Modifica dell’occupazione
La potenzialità di produzione a basso costo (per unità) ed elevata precisione (grazie al sistema) porterà molte aziende a riaprire impianti nel mondo occidentale (reshoring). La cosa è positiva? Certamente per i cittadini occidentali significherà posti di lavoro diversificati rispetto a prima, con un tempo di addestramento della forza lavoro totalmente differente e con contratti non più di lavoro subordinato e meno che mai a tempo indeterminato.
E) Velocizzazione del reshoring
Chi aveva convenienza a produrre in Cina, India o altre nazioni a basso costo del lavoro (offshoring), avrà convenienza a tornare. Ma non saranno garantiti i livelli occupazionali che erano presenti in precedenza, si scenderà al 10 - 15%.
F) Diminuzione dei costi produttivi e aumento dei margini
Maggior disponibilità di dati + minor interazione umana + efficienza dei processi produttivi = risparmi nella produzione e aumento dei margini.
G) Rimodulazione della politica planetaria
Industry 4.0 è sicuramente una soluzione per ricompetere con i paesi emergenti. Una recente analisi del Guardian affronta il tema della futura disoccupazione nei paesi in via di sviluppo che si troveranno a fronteggiare una competizione da parte delle industrie 4.0 occidentali. Solo la Cina, anche in virtù di una capacità a risolvere le problematiche sociali in modo “efficiente e deciso”, avrà la capacità e le risorse per adattare fabbriche verso una soluzione 4.0. L’aumento di disoccupazione porterà a riaffrontare seriamente il reddito di cittadinanza come necessità, non come scelta populista di qualche politico.



L'età del reshoring
La mancata crescita della produttività negli ultimi 50 anni ha fatto sì che le maggiori economie abbiano visto un declino che pare inarrestabile. Negli ultimi dieci anni il tentativo di portare le produzioni all’estero cercando di sfruttare la manodopera a basso costo, non solo non ha consentito di aumentare la produttività, ma non ha neanche garantito un esito di lungo periodo perché i costi non sono rimasti bassi per molto.
Oggi dobbiamo vedere i limiti di quel sistema produttivo e guardare avanti ad uno nuovo che si sta delineando: combinare efficientemente l’attuale sistema manifatturiero con le tecnologie avanzate. Questa sarà la quarta rivoluzione manifatturiera. Solo così le tecnologie che entreranno in fabbrica porteranno una crescita di produttività.
Nelle economie mature che scaturiranno dalla quarta rivoluzione manifatturiera le imprese torneranno ad essere locali (fenomeno del reshoring), facendo sembrare il vecchio modello produttivo, davvero “insano”. Il nuovo modello produttivo si baserà su una produzione locale, vicino al consumatore finale così che possa essere gestito e controllato, così che riduca l’impatto ambientale di merci che viaggiano per tutto il globo, sarà quindi un modello più intelligente e più pulito per l’ambiente, e sarà migliore per le nostre economie perché creerà più produttività e più crescita, cosa che gli sforzi legati al vecchio modello non sono stati in grado di fare.
Questo non sarà automatico, sarà l’esito di un massivo investimento nella formazione della nostra forza lavoro. Bisogna tornare ad insegnare la manifattura nelle scuole.

4 IL SISTEMA ITALIA

  

Il sistema Italia affronta le problematiche italiane degli ultimi 20 anni e la difficoltà delle soluzioni. Raccoglie in maniera sistematica i post pubblicati sul blog  “La verità per favore” (https://civicnessitalia.blogspot.com/). Partendo dai diversi ambiti sociali delle aree geografiche che compongono la nostra penisola (il sistema Italia), esso si addentra nell’analisi del poco soddisfacente status economico (un’economia drogata), tocca l’inadeguatezza della nostra classe dirigente a risolvere i problemi (una classe poco dirigente) e la forza di interdizione verso ogni semplificazione di gestione operata dai funzionari dell’Amministrazione Pubblica (burodittatura). Individua infine la strada di una possibile soluzione nello sforzo di ammodernamento digitale che è in atto (agenda digitale).

Corso di politica agricola: Lezione 1 La deforestazione

 



La deforestazione

Le foreste
Il militante ecologista grida al depauperamento delle foreste (polmone verde del mondo) ed invoca i bei tempi passati. Naturalmente mente, ma è così ignorante che non sa di farlo. L'economia della foresta non è mai stata attiva come oggi, tanto che un noto marchio di abbigliamento, usa proprio il suo appellativo: Timberland. L'Europa e l'America del Nord (bersaglio preferito dell'ecofascismo) sono i continenti più virtuosi. Alcuni dati possono essere d'aiuto. In Francia alla fine dell'800 la superficie boschiva era il 14% del territorio, oggi è il 29% (pari a 16 milioni di ettari). In Italia nei soli ultimi 10 anni il patrimonio boschivo è aumentato di un milione di ettari raggiungendo gli 11 milioni, oltre il 30%. All'inizio del '900 valeva meno della metà. Siamo in linea con la media planetaria del 31% (4 miliardi di ettari). Anche il Brasile (la cui superficie boschiva tocca comunque il 63%) ha invertito il ritmo della deforestazione, che non è mai stata così bassa come negli ultimi 10 anni. Il ripristino naturale integrale è previsto per il 2020. Ma allora? Ma tutto questo Alice non lo sa.


Foreste urbane per salvare l’Italia

Tra le piú clamorose balle ambientali che circolano in Italia una riguarda la riforestazione. Se mai a qualcuno fosse sfuggito, rispetto alla fine dell'800, oggi la superficie di territorio italiano classificato come boschivo é quasi raddoppiata. Diverso é il discorso della sua messa in sicurezza ed in produzione. Perché, a dispetto di quanto gli ambientalisti massimalisti sostengono, facendo di ogni erba un fascio, il nostro bosco non é come la foresta amazzonica che lasciata a se stessa si autorigenera e funge da polmone verde, ma é un bosco antropico che se non é presidiato, insediato e vissuto, si inselvatichisce, brucia con maggiore facilità, non svolge la sua funzione di adsorbimento delle acque pluviali, invecchia e produce altrettanta CO2 di quanta ne assorbe.

 Il "cuore verde" d'Italia
Come avevo già annunciato con dovizia di dati, quella della riforestazione é l'ennesima bufala green. Finalmente anche i quotidiani se ne sono accorti e danno informazioni corrette. Adesso é venuto il momento di cominciare a riflettere sul problema vero: cosa ce ne facciamo di queste foreste che consumano e degradano il territorio se non le curiamo e non attiviamo la filiera del legno? Già perché lasciate a se stesse le foreste invecchiano e producono più CO2 di quella che assorbono, creano potenziali inneschi di roghi, degradano il sottobosco con gravi conseguenze idrogeologiche. Ma per curare il bosco bisogna viverlo il bosco, abitarlo. Ecco allora che quella che sino a 20 anni fa veniva vista come una iattura oggi diventa una soluzione, la soluzione. Oggi l' indice di edificabilità del bosco é irrisorio, occorre almeno triplicarlo. Solo così metteremo le basi di quella rete di presidi territoriali indispensabili.