https://youtu.be/mviOSXiVP00
Euroinomani
Per terrorizzarci gli euroinomani dicono che in caso di uscita dall’euro il debito dovremmo pagarlo in euro. Falso. Oltre il 96% del debito pubblico è emesso e disciplinato dalla legge italiana. In caso di uscita dalla moneta unica verrebbe convertito in valuta domestica ai sensi degli art. 1277 e seguenti del Codice Civile (la cosiddetta Lex Monetae). Gli investitori e speculatori esteri che hanno Titoli di Stato subiranno una perdita dovuta al cambio in caso di svalutazione della lira. Nello stesso modo in cui gli investitori stranieri, che avevano in portafoglio titoli di stato britannici, hanno subito con la svalutazione della sterlina; o gli investitori americani che avevano in portafoglio titoli di stato italiani o tedeschi a seguito della pesante svalutazione dell'euro rispetto al dollaro. Pur di impaurire ci viene prospettata la fine dell'Argentina in caso di uscita dell'euro. Il debito pubblico argentino al momento del default era grosso modo pari al 45% del Prodotto interno lordo. Ma il debito era stato contratto in dollari Usa (cioè una valuta straniera). E si dà il caso che l'Argentina non possa stampare dollari per far fronte a questo debito. Gli Usa possono rimborsare qualsiasi debito in quanto possono stampare valuta per pagarli. La probabilità di default è quindi zero. Non è quindi la quantità di debito pubblico a determinare la maggiore o minore probabilità di default ma la possibilità o meno di coniare la moneta con cui il debito viene rimborsato. Ed è così che l'Argentina indebitata in dollari ma "virtuosa nei conti" è andata in default ed il Giappone no.
Uscendo dell'euro si potrà convertire la nuova lira con un tasso reale rispetto all'euro
Nel 1999 - al momento dell'ingresso nell'euro - il reddito pro-capite degli italiani era il 96 % di quello tedesco. Nel 2015 dopo sedici anni di euro il reddito degli italiani è il 76 % di quello dei tedeschi (Fondo Monetario Internazionale). Se rielaboriamo i dati relativi al surplus/deficit delle partite correnti di Italia e Germania, nel periodo fra il 1993 ed il
Gli eurofili ritengono che sia assolutamente naturale aver conferito ad un'autorità sovranazionale come la Banca centrale europea il diritto di coniare moneta. Segue un illuminante elenco di alcuni altri Paesi al mondo che hanno deciso di non coniare monete nazionali. E vi assicuriamo che vederli colorati in un planisfero (come ha fatto il sito qz.com) fa un certo effetto. Ecuador, Timor est, El Salvador, Isole Marshall, Micronesia, Palau, Turks and Caicos, Isole Vergini Britanniche, Zimbabwe, Benin, Burkina Faso, Camerun, Repubblica Centro Africana, Ciad, Repubblica del Congo, Guinea Equatoriale, Costa d'Avorio, Mali, Niger, Senegal, Togo, Antigua e Barbuda, Dominica, Grenada, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Saint Vicent and the Grenadines ecc. Tutti Stati, cioè, con un recente passato da colonia.
2014: la tedesca Ska Keller - leader dei verdi - viene intervistata in televisione su Rai 3. Queste le sue testuali parole: «Se la Germania lasciasse l'euro perderebbe moltissimi posti di lavoro nel settore delle esportazioni perché nessuno comprerebbe più i prodotti carissimi tedeschi». Theo Waigel, ex ministro delle finanze tedesco (10 luglio 2016): «Se la Germania oggi uscisse dall'Unione Monetaria allora avremmo immediatamente, il giorno dopo, un apprezzamento tra il 20 per cento ed il 30 per cento del marco tedesco che tornerebbe nuovamente in circolazione. Chiunque si può immaginare che cosa significherebbe per le nostre esportazioni, per il nostro mercato del lavoro, per il nostro bilancio federale. Invece con un'uscita dall'euro ed un taglio netto del debito la crisi interna italiana finirebbe di colpo». Più chiaro di così.
Due anni fa con 100 euro acquistavamo 135 dollari mentre oggi ne acquistiamo 110 circa
Sono in molti quelli che spesso fanno confusione fra tasso di conversione e tasso di cambio. L'Italia uscendo dell'euro potrà scegliere di convertire la propria nuova moneta con un tasso di conversione "convenzionale" rispetto all'euro. Può essere 1 lira per ogni euro per semplicità. Dopodiché il prezzo della lira sarà libero di fluttuare nel mercato valutario e quasi sicuramente svaluterà del 20 per cento - 30 per cento circa rispetto alle altre monete. Questo è il cosiddetto tasso di cambio. Ma ciò non deve destare preoccupazione. Per caso qualcosa nella vostra vita è drammaticamente cambiato da quando l'euro ha pesantemente svalutato rispetto al dollaro? Due anni fa con un euro acquistavamo 1,35 dollari mentre oggi ne acquistiamo 1,10 circa. Ovviamente nulla è cambiato nella vita quotidiana di ciascuno di noi per il semplice motivo che non facciamo la spesa al supermercato di Cleveland.
L'articolo 50 del Trattato di Lisbona al primo paragrafo riconosce che «ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione». Lo Stato ha l'onere di notificare tale intenzione al Consiglio Europeo che «negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l'Unione». L'accordo è, infine, concluso a nome dell'Unione europea, dal Consiglio «che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo».
Abbiamo visto che è possibile e la Gran Bretagna è il migliore esempio.
I fondi assegnati dall'UE possono essere spesi solo se gli Enti destinatari cofinanziano la spesa con altri fondi
I fondi assegnati per determinati investimenti (soldi nostri in quanto l'Italia è un "contribuente netto") possono essere spesi solo se gli Enti destinatari cofinanziano la spesa con altri fondi. E le restrittive politiche di bilancio spesso sono di una tale durezza che gli enti possono benissimo non avere la disponibilità dei soldi per cofinanziare l'operazione.Ma la cosa più incredibile è che talvolta anche riuscendo a racimolare i soldi per miracolo, gli investimenti devono essere comunque rimandati o accantonati pur di rispettare il vincolo di stabilità interna che obbliga tutta la Pubblica Amministrazione a razionare ogni e qualsiasi spesa pur di rispettare il limite del 3% del rapporto tra il deficit e il Prodotto interno lordo. In definitiva le regole in materia sono tali da far pensare che siano state disegnate pur di non far spendere questi soldi.
Un'ulteriore conferma arriva addirittura da uno studio finanziato dalla Commissione dell'Unione europea a firma degli economisti Lars Jonung ed Eoin Drea. Già il titolo parla da solo: «L'Euro non può essere realizzato. È una pessima idea. Non durerà. Il parere degli economisti americani nel periodo 1989-2002». Nel sommario riassuntivo addirittura leggiamo: «Tutti gli economisti -pur nella diversità di approccio- mostrano un forte scetticismo per un progetto politico che ignora i più elementari fondamenti della scienza economica non essendo l'Europa un'area valutaria ottimale».
Mentre i Paesi senza euro ma dentro l'Ue stanno meglio dei cugini che hanno scelto la moneta unica, così i Paesi che stanno fuori dall'Unione vivono molto meglio dei vicini condomini dell'Unione Europea. Il Pil pro-capite medio dell'Efta (l'accordo di libero scambio fra Norvegia, Liechtenstein, Islanda e Svizzera) è infatti pari a 62.534 dollari, mentre quello dell'Unione Europea è pari a 37.800 dollari. In altre parole un cittadino dell'Unione mediamente guadagna il 60 per cento del cugino che sta fuori. I dati sono riferiti al 2015 (Fonte Cia factbook). A riprova di quanto detto sia l'Islanda che la Svizzera hanno di recente ufficialmente abbandonato il progetto di adesione all'Unione Europea. Un tempo si facevano carte false per entrare nell'Unione, ora se puoi la eviti.
Allora per ora, il nostro Paese ebbe due mesi di tempo per rispondere alle obiezioni sollevate, in particolare, dal commissario europeo all’Industria, nonché vicepresidente della Commissione, Antonio Tajani. Secondo l’alto funzionario Ue, le misure contenute nel decreto legge per la riforma delle Pa, in via di conversione in parlamento, sono già state valutate a ritenute insufficienti a rispondere alle contestazioni della lettera inviata da Bruxelles.
Vi sono, nell'Unione, Stati che non hanno adottato l'euro, come è noto. Logica vorrebbe, pertanto, che sia certamente possibile restare in Europa uscendo soltanto dalla moneta unica.
L’Eurobarometro segna cattivo tempo.
La situazione è confusa, quindi ottimale. Le vittorie della Brexit, di Trump e di Macron hanno fornito alle idee sovraniste nuovo slancio e ulteriore diffusione. Archiviati Alain de Benoist, Ezra Pound, Julius Evola, la bibliografia si aggiorna.
Alexander Dugin esalta la difesa sovranista della civiltà europea, Michel Onfray, urla che l’Europa dominata dai mercati è giunta allo sfinimento. Houellebecq racconta della conquista inarrestabile dell’Islam dal volto moderato di una Francia che sa opporre come baluardo solo un libero pensiero privo di energia e vigore. Jacques Sapir spiega che l’euro è una moneta incompatibile con la democrazia, poiché impone di cedere la propria sovranità monetaria ad un’istituzione non eletta, la Banca Centrale Europea, impone di cedere alla Commissione Europea, altra istituzione non eletta, interi settori della politica fiscale e di bilancio. Esisteva un patto politico fondamentale: il potere di tassare un popolo viene ceduto solo in cambio del controllo sovrano dei rappresentanti del popolo sul bilancio del paese. Eric Zemmour, ci parla di un suicidio francese, dove derisione, decostruzione, distruzione minano le fondamenta di tutte le strutture tradizionali: famiglia, nazione, lavoro, stato, scuola.
L’antirazzismo è diventato ideologia-tabù, come il comunismo. La teoria di Rousseau per la quale siamo tutti buoni ed è la società a farci “deviare” secondo lui non regge proprio. Ai tempi della rivolta nelle banlieues accusò islamici e neri di avere fomentato i disordini. Mohamed è il nome più frequente nella regione parigina, ma secondo alcuni l’integrazione sarà completa il giorno in cui dei genitori cattolici chiameranno il loro figlio Mohamed.
La Francia cammina con le gambe per aria.
I Sovranisti odiano il “buonismo” della “cultura del piagnisteo”. Il motto di Trump “America first” qui riecheggia nelle parole di elogio delle frontiere di Regis Debray “mai più stranieri in casa propria”, cioè dentro i confini della propria nazione. La frontiera non è che un bisogno naturale dell’uomo e dei popoli, l’idea di separazione si ritrova alla base di tutti i miti fondativi. Un gruppo umano si dà forma e diventa popolo proprio grazie ai confini e l’appartenenza a quello spazio, fonda un’identità che si contrappone a quella dell’individuo “cittadino del mondo”.
Costanzo Preve, Massimo Fini, Claudio Borghi, Alberto Bagnai, Paolo Borgognone lottano contro il capitalismo globalizzato, e documentano il progressivo allineamento dell’Italia agli orizzonti liberisti che scavalcano la sovranità del popolo e la dignità dei lavoratori in nome dell’idolatria del mercato.
E non è che l'inizio. Intanto la destra italiana stravince le elezioni.
Il potere oppressivo da imporre agli italiani è sempre stato storicamente una grande attrazione, soprattutto per i governanti nord-europei, e . . . per quelli italiani stessi!
E’ il motivo per il quale, nonostante la nostra grande storia da Roma in poi, Umanesimo e Rinascimento compresi, si parla di Italia unita solo dal 1861, con tutte le sofferenze e le contraddizioni di sostanza che ancor oggi ben sappiamo. L’egemonia nord-europea può essere avallata da una pluralità di esempi, ma a nostro avviso tre sono quelli emblematici. Il primo, la proclamazione di Carlo Magno a imperatore del Sacro Romano Impero, che riprodusse di fatto la capitale-simbolo Roma ad Acquisgrana (Germania, l’odierna Aachen, con la Cappella Palatina) dopo l’800 d.c. Il secondo, la “scomparsa” di Raffaello Sanzio e del suo mecenate Agostino Chigi (il banchiere che aveva in mano le finanze vaticane) ad una settimana di distanza l’uno dall’altro nell’aprile del 1520, seguita poi da quella del committente Leone X pochi mesi dopo. Morti, queste, di probabile matrice luterana nord-europea, non tanto a seguito dell’avversione verso la Chiesa di Roma, quanto per il fatto che a Raffaello Sanzio il Pontefice aveva affidato nel 1515 l’incarico di Sovraintendente alla riclassificazione e alla tutela delle rovine di Roma antica, progetto ben più ampio rispetto al semplice elemento archeologico, finanziato dal banchiere senese Chigi, come gli affreschi delle Stanze Vaticane. Come dire: attenzione, grandezze in corso in Italia, pericolo! Ogni qual volta l’Italia decide infatti di riorganizzarsi nel nome della propria classicità, l’Europa del Nord interviene. Sotto il Fascismo, terzo caso esplicativo, ciò è avvenuto nella forma dell’alleanza prima, e della distruzione poi, da parte ancora della Germania. E poi, al giorno d’oggi, c’è la formula dell’ Unione Europea, che previene alla radice ogni tentativo di recupero dello splendore italico, pur in assenza da decenni di ogni parvenza di (minaccioso) artefice di una siffatta rinascita. Prendere il potere in Italia è, come sappiamo, relativamente semplice, come ben spiegò Indro Montanelli, con l’efficace metafora secondo la quale la servitù, per gli italiani, è molto più una tentazione alla quale cedere, che non un’oppressione cui ribellarsi. Ci sono riusciti individui quasi sempre mediocri, ed emarginati dal mondo del lavoro. Il potere, spesso, ha dei grandi limiti nelle proprie strategie comunicative, che ne svelano gli intenti beffardi verso il popolo. Non si accontenta di dominare, vuole anche deridere. Nei contenuti, possiamo ad esempio ricordare la situazione economica dell’Italia che venne affidata (con colpo di mano italo-europeo) a Mario Monti. Per mesi ci fu fatto intendere che quattro miliardi di una tassa perversa chiamata IMU avrebbero risolto i problemi finanziari; perversa sì, perché tale tributo ha la duplice caratteristica di risultare pesante per la famiglia media, e praticamente irrilevante per le casse dello stato (in quell’anno 2012 esso andò completamente bruciato per il salvataggio del Monte dei Paschi di Siena, che sta bussando di nuovo a quattrini freschi anche adesso. Di Alitalia non parliamo neppure). Oppure, ci sovviene la “problematica” dei sacchettini del banco verdura del supermercato, addebitati in scontrino a due centesimi l’uno. Apriti cielo sì nel popolar sentire, ma grande distrazione verso concomitanti vessazioni ben più consistenti e decisive. In queste ore abbiamo invece il caso dei bonus INPS percepiti da parlamentari, amministratori pubblici, politici e politicanti, solo perché una legge del governo – il cui presidente del consiglio è peraltro avvocato – lo permette in piena regola. Distrazione di massa, propaganda per votare “sì” alla riduzione del numero dei parlamentari nel prossimo referendum, e motivazione blindata per rendere di fatto burocraticamente impossibile la fruizione popolare degli aiuti futuri, quelli che dovrebbero teoricamente arrivare l’anno prossimo con il Recovery. Cosa significano le tre apparenti ingenuità sopra richiamate, per citare soltanto tre esempi facilmente rammentabili da chiunque? Indicano palesemente che dietro l’apparente stupidità di talune questioni, sotto l’artefatta sciocchezza di certe decisioni, vi è invece un’attenta strategia per penalizzare ulteriormente i cittadini. E poi, dopo i contenuti, vi è la forma, vi sono i nomi, e qui il potere si diverte davvero a prendere il popolo per i fondelli. Di seguito, un elenco solo molto parziale di definizioni che l’assuefazione dei cittadini agli abusi del potere hanno reso correnti e seriose: Salva-Italia, Decreto Dignità, Cura-Italia, Accoglienza. Unico nome plausibile potrebbe essere Decreto Crescita (a meno che poi non prendi una tabella Istat in mano, al che diventa quello che fa più ridere di tutti). E poi ancora, laddove per Costituzione il ruolo centrale nella nostra Democrazia dovrebbe essere quello del Parlamento, abbiamo imparato ad apprezzare il simpatico e salvifico termine “Governo del Presidente”. Continuando, ecco alcune denominazioni di leggi elettorali nel paese in cui, quando occorrerebbe democraticamente, non si vota mai, e se si vota si distorcono gli esiti nel formare i governi, o nel destituirli: Mattarellum, Porcellum, Italicum, Rosatellum. Uno dei metodi per dare la sveglia al popolo risulta quindi, a nostro avviso, quello di esortarlo semplicemente ad aprire orecchie e occhi su ciò che ascolta e che legge: a volte basta quello, ragionare i contenuti è superfluo. P.S.: Il venerato Raffaello Sanzio, che stiamo celebrando nel mezzo millennio dalla sua morte, perdonerà la brutalità della mia singola partecipazione al tributo. Confido anche che l’apprezzi.
In questi anni la Grecia è stata oggetto dei più feroci ed insulsi esperimenti di politica economica mai concepibili. Il tutto è stato pure giustificato con affermazioni risibili del tipo: «i greci hanno truccato i conti»; «hanno sperperato denaro in apparati pubblici improduttivi» ovvero «sono pigri e lazzaroni». C'è del vero nel fatto che i conti pubblici siano stati oggetto di manipolazione e che il tessuto manifatturiero ellenico sia di fatto inesistente. Ma ciò rende ancor più deprecabile il sadismo delle torture cui il popolo e l'economia della Grecia sono stati sottoposti in questi ultimi anni dalla Troika; peraltro con risultati sconcertanti. La Commissione Europea - ad esempio - riportava nel luglio 2015 che la spesa primaria annua (esclusi cioè gli interessi sul debito) sia stata tagliata da 110 a 81 miliardi nel periodo 2008-2014. Una sforbiciata del 26 per cento circa. La disoccupazione è nel frattempo salita dal 7,8 per cento al 26,5 per cento. Cioè è più che triplicata. Giusto per darvi un'idea dell'ordine di grandezza di questa follia, è come se l'Italia fosse arrivata a tagliare la spesa pubblica primaria annua di quasi 200 miliardi di euro. In pratica cancellando tutto il Servizio Sanitario Nazionale, mandando a casa medici, infermieri ed impiegati, chiudendo tutti gli ospedali e non garantendo più alcun farmaco ai nostri assistiti, dovremmo ancora trovare dagli 80 ai 90 miliardi di euro per raggiungere l'incredibile cifra di 200 miliardi di euro. Viceversa l'esperienza di Paesi quali Stati Uniti d'America, Giappone e Regno Unito dimostra che arrivare a livelli di deficit di bilancio fra l'8 per cento ed il 10 per cento nei momenti di crisi -grazie anche agli investimenti pubblici ed alle minori tasse - aiuta l'economia a ripartire.
I risparmiatori finanziano le banche con la complicità della Banca Centrale che solo così le tiene in piedi
Nel dicembre 2013 Letta (un “vero” esperto che il mondo ci invidia!) festeggiava: «Approvata la Banking Union, per tutelare i risparmiatori ed evitare nuove crisi. Buon passo verso una Unione europea più unita».
Nel 1996 l'Italia aveva un rating AA oggi il voto è BBB-
Attualmente nelle file dell'eurocrazia di Bruxelles ci sono dodici potentissimi funzionari teutonici sconosciuti al grande pubblico, ma che hanno un potere decisionale enorme. Sono a capo delle segreterie più rilevanti: dalla concorrenza alla commissione Ue; dal Consiglio Ue all'Eurogruppo; dall'Unione bancaria agli affari economici. Tutti i posti chiave sono occupati da tedeschi o da amici di tedeschi. L'Italia è dal 1976 che fa parte del G6 (i sei grandi). Che poi sarebbero diventati 7 con l'ingresso del Canada. Nel periodo 1945-1980 l'Italia è stato il primo - non il secondo il primo - Paese al Mondo per tasso medio di crescita annuo. Se si considera anche il decennio 1980-1990 l'Italia è seconda al mondo solo dietro la Germania. Nel 1996 (ultimo anno in cui l'Italia ha operato con un cambio flessibile) l'Italia aveva un rating AA da parte di Standard and Poor’s. Un giudizio lusinghiero quasi di massima affidabilità. Mentre oggi il voto è BBB-. Qualora detto voto fosse abbassato anche di un solo piccolo scalino, il debito dell'Italia sarebbe catalogato come "spazzatura".
L'esperienza della Gran Bretagna, diventata più solida dopo la Brexit, la dice lunga.
Cosa è accaduto? In questi anni il costo del lavoro in Italia è salito più che altrove, eppure gli stipendi sono rimasti al palo. Come mai? Innanzitutto a causa dell’inflazione. Quella che ormai sembra non esistere più, al punto che la Banca Centrale Europea deve pompare moneta comprando titoli di Stato per combattere la deflazione. Tuttavia, l'inflazione è stata per lunghi anni più alta nel nostro Paese che nel resto del Continente. In dieci anni l’Italia e il resto del Sud Europa hanno perso quasi un 30% di potere d'acquisto rispetto alla Germania.
Ma la principale causa per cui gli stipendi italiani rimangono al palo è la produttività del lavoro (ossia il rapporto tra ciò che viene prodotto e la quantità di lavoro e capitali necessari a produrlo). L’Italia negli ultimi dieci anni non è riuscita a progredire, la produttività è rimasta uguale o addirittura leggermente inferiore a quella del 2005. Siamo superati da tutti i Paesi dell’Est, con i Paesi Baltici in testa, ma anche dalla Spagna, che ha visto la produttività salire del 15%, e non a caso attualmente è il Paese mediterraneo che meglio sta uscendo dalla crisi economica, con una crescita del Pil stimata del 3%.
Come mai tutto questo? Per molti motivi, ma uno merita una menzione speciale: la formazione dei lavoratori. Rimaniamo il Paese con il minore numero di laureati, il 23,9% tra i 30-34enni, il 18,8% tra gli uomini, mentre la media europea è del 37,9%, e Paesi scandinavi, Spagna, Francia, Germania, viaggiano verso il 50%. L’alternanza tra scuola e lavoro e la preparazione professionale sono viste di malocchio nella scuola italiana e questo blocca la disponibilità delle imprese ad assumere giovani che difficilmente contribuiranno a un aumento della produttività dell’azienda.
Pur di impaurire e terrorizzare la gente, gli euroinomani sono soliti sproloquiare che faremo la fine dell'Argentina in caso di uscita dell'euro. Chi non ricorda il più grande default sovrano della storia? Ebbene quasi tutti trascurano che il debito pubblico argentino al momento del default era grosso modo pari al 45 per cento del Prodotto interno lordo. Come si spiega quindi la successiva rovinosa caduta? Semplicemente con il fatto che questo debito era stato contratto in dollari Usa (cioè una valuta straniera). E si dà il caso che l'Argentina non possa stampare dollari alla bisogna per far fronte a questo debito. Illuminanti le parole dell'ex governatore della Federal Reserve Greenspan che risponde ad un preoccupato giornalista della Cnbc: «Gli Usa possono rimborsare qualsiasi debito in quanto possiamo stampare valuta per pagarli. La probabilità di default è ZERO». Non è quindi la quantità di debito pubblico a determinare la maggiore o minore probabilità di default ma la possibilità o meno di coniare la moneta con cui il debito viene rimborsato. Ed è così che che l'Argentina indebitata in dollari ma "virtuosa nei conti" va in default ed il Giappone no.
Sono in molti a sostenere che la Bce dovrebbe essere come la Fed (la Banca Centrale degli Stati Uniti d'America) che fra i suoi obiettivi principali non ha soltanto il controllo della stabilità dei prezzi ma anche la crescita occupazionale. Ma in realtà tutto ciò che una Banca Centrale può fare in caso di crisi è abbassare i tassi di interesse e stampare nuova moneta per "annaffiare l'economia". E questo è ciò che la Banca centrale Europea sta già facendo da tempo. Come rileva una rielaborazione del Centro Studi Unimpresa, nel periodo 2013-2016 le banche italiane hanno raccolto un importo lordo di 859 miliardi. Quasi un terzo del totale messo a disposizione da Draghi per tutte le banche europee. Ma nello stesso periodo i crediti ad imprese e famiglie sono diminuiti di 15 miliardi. Keynes - del resto - era solito ricordare ai suoi alunni che «la politica monetaria è come una corda. Buona per tirare ma inutile per spingere». Fuor di metafora, aumentando i tassi di interesse o drenando moneta dall'economia si raffredda il ciclo economico. Ma viceversa no. Se il cavallo non beve puoi dargli tutta l'acqua che vuoi. Sarà semplicemente sprecata.
In queste 130 pagine sono raccolti e sistematizzati circa 80 post pubblicati sul blog LA VERITÀ PER FAVORE
(https://civicnessitalia.blogspot.com/)
sui temi della disoccupazione, della GIG Economy e della scuola. Oggi la disoccupazione giovanile è un tema cruciale della società e dell'economia. Fa da contraltare a ciò una nuova economia dei "lavoretti" provvisori a cui i giovani sono costretti e la cui dimensione, in continua crescita, ha finito per creare una sorta di economia parallela, legata in particolare al web, la cosiddetta GIG Economy. Ma quali sono le cause di tutto ciò? Una in particolare viene esaminata più a fondo: la crescente inadeguatezza del sistema formativo. Un mondo a sé stante, elefantiaco ed autoreferenziale, costosissimo e dannoso, praticamente irriformabile, che continua ad insegnare saperi obsoleti secondo una logica prenovecentesca che non permette la comprensione della realtà che ci circonda e che non fornisce conoscenze ed abilità utili per essere inseriti nel mondo del lavoro. Questa è la scuola inutile. Come può cambiare? Viene presentata la traccia di un radicale riforma, contenutistica e metodologica, in cui imparare e lavorare non sono più visti come termini in contrasto ed in successione, ma come due facce contemporanee della stessa medaglia.
2 NUOVI MODELLI DI SCUOLA
Nuovi modelli di scuola prosegue idealmente il discorso iniziato con La scuola inutile. Come allora si tratta della raccolta sistematizzata dei contenuti pubblicati in una serie di post sul blog LA VERITÀ PER FAVORE
(https://civicnessitalia.blogspot.com/). Il metodo, già sperimentato con successo, è quello di invertire i criteri di progettazione delle nuove didattiche. Oggi ogni riforma della scuola, parte dalla rielaborazione, con qualche aggiustamento più o meno consistente, dell'impianto formativo esistente.Viceversa, considerando questo sistema irriformabile, la partenza avviene dall'analisi della realtà extracolastica (il futuro è adesso) e degli enormi progressi dell'informatica e della robotica (amico robot). Su ciò vanno calibrate le nuove esigenze formative, le metodologie didattiche, i contenuti, le abilità, il reclutamento dei docenti, un continuo scambio tra scuola e lavoro. Quella a cui assistiamo è una nuova offerta formativa, temporalmente circoscritta e flessibile, modellata a fine percorso sulle opportunità occupazionali immediate dei soggetti.
I limiti del globale affronta le problematiche sorte a causa della globalizzazione, fenomeno di lungo corso, ma che negli ultimi 20 anni ha avuto un’accelerazione assai significativa, generando a cascata fenomeni socio-economici difficilmente controllabili. Raccoglie in maniera sistematica i post pubblicati sul blog LA VERITÀ PER FAVORE (https://civicnessitalia.blogspot.com/). Partendo dai diversi ambiti in cui essa si articola (la globalizzazione) esso ripercorre i vani sforzi degli organismi internazionali per porre rimedio alle disfunzioni più gravi (l’impotenza dell’ONU) fino all'ingovernabilità della situazione europea attuale (la crisi europea dei migranti) ed alle contraddizioni comunitarie (uscire dall'UE).
4 IL SISTEMA ITALIA
Il sistema Italia affronta le problematiche italiane degli ultimi 20 anni e la difficoltà delle soluzioni. Raccoglie in maniera sistematica i post pubblicati sul blog LA VERITÀ PER FAVORE
(https://civicnessitalia.blogspot.com/).
Partendo dai diversi ambiti sociali delle aree geografiche che compongono la nostra penisola (il sistema Italia), esso si addentra nell'analisi del poco soddisfacente status economico (un’economia drogata), tocca l’inadeguatezza della nostra classe dirigente a risolvere i problemi (una classe poco dirigente) e la forza di interdizione verso ogni semplificazione di gestione operata dai funzionari dell’Amministrazione Pubblica (burodittatura). Individua infine la strada di una possibile soluzione nello sforzo di ammodernamento digitale che è in atto (agenda digitale).
Immagina di inviare una serie di lettere a chi ha responsabilità di governo cercando di dare una lettura non banale della realtà italiana (criticità), proponendo soluzioni precise ed articolate (proposte) e mettendole in relazione con le riforme messe in cantiere ma non ancora completate (promesse).
Sostiene Natrusso affronta sotto forma di metafora il luogocomunismo imperante spacciato sotto la categoria etica del politicamente corretto. Raccoglie in maniera sistematica i post pubblicati sul blog LA VERITÀ PER FAVORE
(https://civicnessitalia.blogspot.com/).
Sono toccati temi sociali (vi parlo di politica), ecologici (bufala verde non avrai il mio scalpo), transfrontalieri (import export) ed economici (pochi maledetti e subito). Ne esce uno spaccato anticonformista, vivace ed immediato della vis polemica che l’autore quotidianamente riversa nei suoi seguitissimi social.
Non mi rompere i tabù raccoglie in maniera sistematica i post grafici pubblicati sul blog LA VERITÀ PER FAVORE
(https://civicnessitalia.blogspot.com/).
Attraverso l’uso di più tipi di grafica umoristica e paradossale (fumetto, solarizzazione, riproduzione caricaturale, ecc.) sono toccati temi artistici (aste televisive), sociali (dandy & milf), politici (non prendeteci per il Colao), giochi linguistici e nonsense (paradoxa). Ne esce uno spaccato anticonformista, vivace ed immediato della vis polemica che l’autore quotidianamente riversa nei suoi seguitissimi social.
8 CIVICNESS ITALIA
Il seguente volume raccoglie in maniera sistematica post apparsi su blog, interventi in conferenze pubbliche, seminari di studio, repliche ad articoli pubblicati su quotidiani, settimanali, mensili, ecc. In ognuno di essi si può notare come, ad ogni spunto polemico, segua sempre una pars construens in cui si illustra una proposta di riforma o almeno una traccia di soluzione di un problema. A differenza di quanto avvenuto in passato, in cui venivano sviluppate tematiche autoconcluse (La scuola inutile, Nuovi modelli di scuola, I limiti del globale, Il sistema Italia, Caro Mario ti scrivo, Sostiene Nat Russo, Non mi rompere i tabù) in questo caso tutti i differenti elementi convergono verso un unico target dinamico: la creazione di un soggetto politico plurale portatore di una volontà di cambiamento forte basata sulla Civicness. La Civicness, ossia il senso civico, pare essere la materia più rara (ma più necessaria) oggi in Italia. Prevale un diffuso senso di disimpegno, di menefreghismo, di “basto a me stesso”, di “se posso arraffo”, di “alla faccia degli altri”, di “io sono più furbo e ti frego”, di “dacci dentro con l’assalto alla diligenza”, di “ogni lasciata è persa”, di “ma che il fesso sono solo io?”. L’algoritmo sociale proposto per CIVICNESS va certamente limato ed approfondito, ma allo stato attuale, come ogni progetto open source che si rispetti, esso viene dato in affido alla comunità scientifica perché lo faccia proprio, lo implementi, lo migliori, ne verifichi i punti deboli e le carenze, ne segnali le sempre possibili contraddizioni. Si tratta comunque di un atto fondativo. Civicness Italia nasce oggi. Nat Russo Italia, Liguria, Savona, 1 Gennaio 2022
Nessun commento:
Posta un commento