https://youtu.be/e7xUmGSvHXI
In Italia la droga fattura 14 miliardi di € l'anno
La coltivazione, la fabbricazione, il commercio, lo spaccio, il consumo delle droghe sono una catena del valore drammaticamente redditizia per molti soggetti, e drammaticamente letale per moltissimi altri. Organizzazioni dei coltivatori, cartelli e sindacati nei paesi produttori sono talmente potenti da esprimere numerosi leader politici capaci di scalare i vertici del potere sino ad arrivare alla "guida" di grandi nazioni. Il traffico planetario viene gestito dalla "grande" criminalità organizzata che utilizza poi per il dettaglio una capillare rete di spacciatori, grandi, medi, piccoli, piccolissimi, nostrani ed immigrati. Solo nel nostro paese il consumo "puro" genera complessivamente un fatturato di 14 miliardi di € l'anno. L'equivalente di una manovra finanziaria (giusto per capirci). Tale cifra non genera ricchezza sociale (pensate cosa vorrebbe dire investire tale cifra nel sistema produttivo dei generi di prima necessità) ma solo l'impoverimento economico e dello stato di salute fisica e mentale dei consumatori. Alla catena si somma poi il mercato "ricreativo" con i suoi addentellati dei punti vendita "legali" e dei locali in cui lo spaccio è la regola. Infine chiude il ciclo la cosiddetta area "sanitaria" e della "riduzione del danno", fatta da cliniche, Sert, comunità di recupero, psicoterapeuti, ecc. Si tratta di decine di migliaia di posti di lavoro, pagati dalla società civile che non si droga. Interrompere la catena incarcerando gli spacciatori non è il toccasana, ma un primo significativo passo che testimonia una volontà di invertire una rotta accettata come inevitabile. Abbiamo già sbagliato con l'alcool non ripetiamo gli stessi errori con la droga.
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Non c'è la volontà politica di contrastare lo spaccio ed il consumo della droga
Ho combattuto tutta la vita la mia battaglia contro le droghe. Ma ormai ho perso su tutta la linea. Ormai ho perso ogni speranza. Non c'è la volontà politica di contrastare lo spaccio ed il consumo della droga. A questo punto meglio la misura opposta: superamento della distinzione tra droghe leggere e pesanti, liberalizzazione completa della commercializzazione di ogni tipologia di droga con tassazione IVA pari a quella degli alcolici. Libertà di pubblicità come per gli alcolici. Conseguenze: forte aumento degli introiti agricoli, forte incremento del commercio, notevoli introiti da pubblicità, svuotamento delle galere, forte riduzione delle guardie penitenziarie, forte riduzione dei processi, riduzione delle attività degli avvocati, chiusura dei reparti antidroga, chiusura dei SERT, fallimento dell'economia di 4 o 5 stati asiatici e sudamericani, prosciugamento delle risorse economiche del terrorismo internazionale, riduzione dei profitti della grande criminalità organizzata, aumento degli incidenti stradali, dei femminicidi, degli stupri, degli scippi, delle rapine e dei furti domestici. Diminuzione dell'aspettativa di vita della popolazione. Aumento delle malattie psicofisiche. E vai.
Rom https://youtu.be/UtnALCJI_VA
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La superficialità con cui spesso vengono affrontati i problemi sociali, che prescinde dalla considerazione delle implicazioni relative alla metodologia prescelta per l'affrontarli, ci porta a pagare un caro prezzo: il lento depauperamento delle energie della nostra comunità.Parliamo di ROM.
La ricerca psico-antropologo-sociologica più avanzata su questa tipologia di marginalità (Glauco Sanga, Marzio Barbagli, Leonardo Piasere, Dick Zatta, Francesco Remotti) usa un'analogia fra i Rom e le antiche popolazioni nomadi di cacciatori-raccoglitori, evidenziando però che l'ambito della raccolta si è oggigiorno ampliato. I prodotti della raccolta non sono più solamente i prodotti della terra o della caccia ma anche i prodotti dell'attività industriale, ciò spiega la mancanza di senso di colpa in coloro che si dedicano ai furti quotidiani.Nelle comunità Rom, rubare ai gagé (i non zingari) è spiegabile con la teoria dello svantaggio sociale e privazione relativa. Secondo questa teoria l'individuo è un animale morale, che durante l'infanzia e l'adolescenza interiorizza le norme della società in cui vive. Se viola queste norme (uccidere, rubare, etc.) è a causa della frustrazione causata tra lo squilibrio esistente fra la struttura culturale, che definisce le mete verso cui tendere socialmente, e la struttura sociale, costituita dalla distribuzione effettiva delle opportunità reali. Le frustrazioni (sentimenti di ingiustizia, sdegno, risentimento, etc.) determinano il senso di privazione relativa, che non nasce dalla condizione obiettiva del soggetto, ma dal gruppo di riferimento che sceglie: dal rapporto tra aspirazione e realtà. In base a questa teoria, i Rom fanno propria la meta culturale (il successo economico) del paese dove sono emigrati, senza avere però la possibilità di raggiungerla legalmente. La stessa teoria spiega la minore incidenza dei reati commessi nelle regioni meridionali, dove vige l'arte di arrangiarsi e di accontentarsi perché il grado di aspettativa è meno elevato. I Rom hanno una storia nomadica secolare. Negarla e pretendere di farli diventare stanziali è un controsenso. I Rom non sono assimilabili ad altre minoranze etniche, vivono in due mondi paralleli che sono incompatibili. Il costante rapporto con i gagè (i non Rom) è una relazione del tutto diversa con quella di altri popoli e minoranze etniche. Una relazione che non è di confine, in quanto non vi sono territori Rom e territori non-Rom; né può essere definita una relazione coloniale, in quanto i gagè non hanno mai conquistato i Rom, né viceversa. Le popolazioni non-Rom costituiscono l'ambiente sociale dove vivono i Rom, cercando di sfruttare le loro risorse economiche e territoriali, convivendo in un'ostilità estrema e collocandosi in tutte le nicchie nelle quali intravvedono una possibilità. La Commissione Europea contro il Razzismo e l'Intolleranza (ECRI), depreca l'istallazione di campi nomadi, in quanto frutto di una politica segregazionista, che contraddice le stesse intenzioni degli attuatori. Le politiche di pubblica sicurezza e di controllo sociale dei Rom, l'isolamento e la scarsa visibilità dei campi favorisce l'occultamento e la dissimulazione degli elementi pericolosi, aggravando la situazione sia dal punto di vista dell’incolumità di chi vive nei campi, sia peggiorando il giudizio negativo su di essi. Tra i Rom presenti in Italia, circa 30-40.000 unità provengono dalla ex Jugoslavia. Alcuni erano presenti da più decenni in Italia, immigrati di terza generazione, ragazzi cioè nati in Italia da genitori, a loro volta nati in Italia, ma una gran parte di loro non ha mai posseduto un’autorizzazione stabile al soggiorno. Altri invece sono emigrati per sfuggire alla guerra civile ed alle persecuzioni etniche, venendosi così a trovare in una condizione di apolidia di fatto, a causa della distruzione dei registri anagrafici in molte città della Bosnia ed Erzegovina e del Kosovo. In Italia sono inoltre presenti circa 30-40.000 Rom provenienti dalla Romania, arrivati a partire dalla seconda metà degli anni novanta. Costretti alla sedentarizzazione forzata durante il regime totalitario comunista, i Rom hanno subito fenomeni gravi di discriminazione (espulsione dei minori dalle scuole, roghi delle case, pestaggi, ecc.); in seguito alla caduta del regime sono fuggiti dalla Romania e l’esodo verso i paesi dell'Europa occidentale continua anche dopo l'ingresso di questo paese nell'Unione Europea. L’altissima incidenza statistica di reati, quali furto e borseggio, tra i minori Rom, viene considerato erroneamente come un fenomeno fisiologico alla formazione di una società multiculturale, al quale si somministrano i consueti strumenti socio assistenziali tipici di ogni marginalità sociale ed economica. Viceversa esso è lo specchio di una natura di reati predatorii tipici difficilmente gestibili. Tra i minori Rom infatti solo il 37% dei segnalati risultano presi in carico dal servizio sociale di giustizia minorile, (contro il 74% degli italiani e 54% degli stranieri). Ciò è dovuto alla rigidità del sistema giudiziario minorile italiano, basato più sullo sfruttamento delle risorse esistenti (numero di operatori, comunità minorili, centri di aggregazione giovanile, progetti di inclusione sociale e recupero, etc.) che sulla sperimentazione di sistemi flessibili adeguati alle diverse tipologie di casi. Ciò rende complicato se non impossibile gli interventi rieducativi, dovuti alle condizioni di arrivo del minore, spesso già recidivo a causa del difficilissimo ambiente di vita nei campi Rom.Ma l’insuccesso, anziché portare ad un proficuo atteggiamento di autocritica e di cambiamento, favorisce invece il giustificazionismo culturale della devianza minorile dei Rom e la deresponsabilizzazione degli operatori della giustizia minorile e dei servizi sociali.Quali conseguenze porta tutto ciò?
Una testimonianza locale aiuta a capirlo (sempre che i politici lo vogliano capire) .
Ieri Questa mattina facevo colazione seduto in un bar dando uno sguardo ai quotidiani, nel tavolo vicino due avventori commentavano la notizia dello stanziamento da parte del Comune di Savona di 100.000 € per il rifacimento del Campo Nomadi della Fontanassa; entrambi i miei vicini concordavano sul fatto che un intervento di questo tipo avrebbe offerto un trattamento di favore a una comunità che in questi anni non ha fatto nulla per farsi amare, ma che anzi ha creato, a detta loro, diversi problemi, accattonaggio, piccoli furti, degrado, avviamento alla prostituzione minorile, evasione dall’obbligo scolastico, etc. In particolare uno dei due signori portava un argomento senza dubbio convincente: per quale motivo persone che non lavorano, che non cercano nemmeno di integrarsi nella comunità in cui vivono dovrebbero ricevere sostanziosi aiuti o peggio ancora trattamenti di favore (ad esempio rispetto al pagamento delle utenze per le forniture di luce\gas\acqua), quando a un cittadino "onesto" che abbraccia uno stile di vita "normale" queste agevolazioni verrebbero rifiutate anche in condizioni di difficoltà? Più ascoltavo la conversazione dei miei vicini più mi rendevo conto che discorsi come quelli avrebbe potuto condividerli chiunque, non si trattava di antipatici discorsi xenofobi improntati su giudizi razziali i quali fanno prontamente (per fortuna) scattare istanze di dissociazione da parte della maggior parte degli interlocutori; bensì di argomentazioni basate su apparente buon senso, senza dubbio una lettura della situazione in atto in senso critico ma fondata su considerazioni condivisibili da parte di una fetta ampia della popolazione del territorio Savonese. Quindi inscrivibili in quello che potremmo definire il buon senso della comunità Savonese, il sapere condiviso entro la nostra comunità. Non voglio qui entrare nel merito di tali considerazioni, non voglio offrire argomenti pro o contro tale posizione, la assumo come presente nella nostra comunità senza giudicarla in alcun modo; trovo maggiormente interessante ragionare rispetto alle ricadute che la diffusione di posizioni come queste possono portare per una comunità. Partiamo dal presupposto che sul territorio savonese vivono differenti gruppi di cittadini, distinguibili sulla base del credo religioso, della lingua, degli interessi, degli usi e costumi, etc; di questi gruppi fa parte anche la comunità "nomade" (Rom, Sinti, Caminanti). La comunità che vive sul territorio savonese è quindi composta dalla somma di tali gruppi, mentre la commistione delle differenti esigenze peculiari e usi tradizionali rappresenta la complessità della struttura della comunità stessa. In altre parole, nel savonese convivono svariati gruppi, con usi e costumi spesso differenti, i quali divengono comunità nel momento in cui tali usi e costumi non vanno a rappresentare un presupposto per demarcare una differenza, quindi una separazione, ma si integrano permettendo a chiunque (qualsiasi sia la sua provenienza, religione, cultura, etc) di considerarsi cittadino di un certo territorio e di collaborare così alla crescita e prosperità del territorio stesso. Diversamente ogni gruppo finisce per dichiararsi comunità, considerando le proprie usanze come le migliori possibili, incompatibili con quelle degli altri gruppi; creando quindi una dispersione delle forze presenti sul territorio in conflittualità il più delle volte incapaci di creare nulla se non sterile polemica. La coesione sociale rappresenta quindi un obiettivo da perseguire, che dovrebbe essere un faro per ogni amministrazione territoriale, partendo dai comuni, alle province fino alle regioni. Quando un intervento nell'ambito del sociale non considera la necessità di curare la coesione della comunità sta depauperando le energie della comunità in cui interviene (piuttosto che ravvivarle, renderle più forti), facendo sì che si generino fratture tra parti della cittadinanza, creando quindi i presupposti perché due o più gruppi di cittadini possano dichiararsi diversi, con esigenze\stili di vita\usanze peculiari inconciliabili, quindi di fatto antagonisti. Ogni intervento nell'ambito sociale deve partire quindi dalla valutazione di quali saranno le ripercussioni per la comunità su cui va a operare, considerando non solo la situazione peculiare che deve essere risolta, ma anticipando quali scenari andrà a generare e se tali scenari potrebbero creare spaccature nella comunità stessa o viceversa collaboreranno a renderla ancora più salda e coesa; l'intera politica della Comunità Europea si basa su tale principio, quello che conta non è risolvere un problema contingente, ma farlo con le modalità più utili a rinforzare il patrimonio "comunità".
Non c'è la volontà politica di contrastare lo spaccio ed il consumo della droga
Ho combattuto tutta la vita la mia battaglia contro le droghe. Ma ormai ho perso su tutta la linea. Ormai ho perso ogni speranza. Non c'è la volontà politica di contrastare lo spaccio ed il consumo della droga. A questo punto meglio la misura opposta: superamento della distinzione tra droghe leggere e pesanti, liberalizzazione completa della commercializzazione di ogni tipologia di droga con tassazione IVA pari a quella degli alcolici. Libertà di pubblicità come per gli alcolici. Conseguenze: forte aumento degli introiti agricoli, forte incremento del commercio, notevoli introiti da pubblicità, svuotamento delle galere, forte riduzione delle guardie penitenziarie, forte riduzione dei processi, riduzione delle attività degli avvocati, chiusura dei reparti antidroga, chiusura dei SERT, fallimento dell'economia di 4 o 5 stati asiatici e sudamericani, prosciugamento delle risorse economiche del terrorismo internazionale, riduzione dei profitti della grande criminalità organizzata, aumento degli incidenti stradali, dei femminicidi, degli stupri, degli scippi, delle rapine e dei furti domestici. Diminuzione dell'aspettativa di vita della popolazione. Aumento delle malattie psicofisiche. E vai.
https://youtu.be/UtnALCJI_VA
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Una testimonianza locale aiuta a capirlo (sempre che i politici lo vogliano capire) .
Femminicidio 1
Femminicidio 2
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